La famiglia contemporanea è diventata il luogo degli affetti, delle relazioni e della spinta alla realizzazione del sé. Genitori che iperinvestono nel ruolo genitoriale, iperinvestono sui figli, spesso tanto cercati e attesi.
L’infanzia di oggi è caratterizzata da aspetti di annullamento della frustrazione, della noia e del fallimento, in nome della ipersocializzazione e del riconoscimento precoce dei propri talenti, affinché il bambino possa emergere nella propria specificità e diventare, così, un essere speciale.
Questa visione, sicuramente da un lato ha permesso ai bambini di crescere in ambienti amorevoli ed attenti ai loro bisogni, ma allo stesso tempo li espone sin da piccoli a fare i conti con aspettative decisamente elevate su se stessi.
Quesi talenti e quelle doti valorizzate sin dalla più tenera età, rischiano poi in adolescenza di trasformarsi in gabbie, poiché di fronte alla disillusione della realtà, ci si volge indietro con sguardo malinconico ad un passato in cui ci si vedeva perfetti. Da qui il rischio di vivere in adolescenza fenomeni di isolamento con l’obiettivo di rifuggire sguardi sentiti come troppo giudicanti, che non si riesce a sostenere.
È necessario “tornare a un’idea di talento meno enfatica”, nella quale le proprie doti e competenze sono frutto di un lungo processo di costruzione, sicuramente faticoso e doloroso, ma attraverso cui si può e si deve passare.